Un’azienda che pubblica sul proprio sito internet nomi di clienti prestigiosi, facendo così intendere di avere svolto a loro favore attività professionale, invece svolta da una società concorrente, compie un atto di concorrenza sleale.
Lo ricorda la Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 13 luglio 2021, n.19954, al termine di un giudizio avviato da un’agenzia pubblicitaria, a carico di una concorrente, volto alla cessazione dell’attività di concorrenza sleale, consistente nell’avere pubblicato, sul proprio sito internet aziendale, i nomi di numerosi clienti che erano, invece, della società che aveva agito in giudizio, oltre al risarcimento del danno.
La Corte ha ritenuto che l’appropriazione del nominativo di clienti in realtà di altri non fosse solo mera vanteria o pubblicità menzognera a danno del mercato, ma l’ha qualificata come un vero e proprio atto di concorrenza sleale, in particolare nella forma dell’appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui, prevista dall’art. 2598 codice civile, comma 1, n. 2,
Ha ricordato che questo illecito ricorre – secondo principi già affermati in passato – “quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori”.
Compie un vero atto di concorrenza sleale, dunque, l’imprenditore che “si appropria di pregi” di un’altra impresa e riferisce a sè, mediante il mezzo pubblicitario, caratteri di prodotti, di servizi o dell’impresa altrui, ma come se si trattasse di prodotti, servizi o caratteri già facenti parte della propria attività d’impresa, così appropriandosi dell’attività di un terzo e causando nella potenziale clientela un indebito accreditamento, rispetto ad attività, servizi o prodotti non corrispondenti all’effettiva attività svolta fino a quel momento.
D’altra parte, la norma contiene una previsione ampia: vi è appropriazione dei pregi di un concorrente quando, in forme pubblicitarie o equivalenti, un imprenditore attribuisca ai propri prodotti o alla propria impresa qualsiasi caratteristica dell’impresa o dei prodotti concorrenti che sia considerata dal mercato come qualità positiva e diventi, quindi, motivo di preferenza e di turbamento della libera scelta del cliente.