Il Consiglio di Stato, con la sentenza n.6268 del 13.9.2021 ha dettato alcuni principi per la risarcibilità del danno da perdita di chance nel settore dei contratti pubblici.
LA VICENDA.
Una Pubblica Amministrazione decideva di prorogare, per la terza volta, le concessioni in corso, omettendo di svolgere una gara pubblica.
Un Consorzio di imprese del settore, ritenendo la decisione illegittima, la impugnava, chiedendo l’annullamento della proroga e la condanna della PA al risarcimento del danno per la perdita di “chance”.
In particolare, il Consorzio contestava che l’operato della PA gli aveva impedito di concorrere per l’affidamento della concessione sulla base di una gara, privandolo così della chance di ottenere il contratto.
IL DANNO DA PERDITA DI CHANCE
Nel campo del diritto amministrativo la lesione della “chance” viene invocata per riconoscere una tutela a quelle aspettative andate irrimediabilmente deluse a causa dell’illegittimità di un procedimento amministrativo.
La chance è un’ipotesi di danno solo “ipotetico”, in cui non si può sapere se si sarebbe o meno ottenuto un certo vantaggio.
L’interessato leso ha, così, interesse ad avere il controvalore della sola possibilità, di cui è stato privato, di avere questo vantaggio: il danno da perdita di chance compensa la possibilità di conseguire un determinato risultato.
Il Consiglio di Stato ha anche precisato che questa responsabilità per danni conseguenti alla violazione delle norme in materia di aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa.
LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO
Il Consiglio di Stato ha affermato che, al fine della liquidazione del danno da perdita della chance, si poteva ricorrere a una valutazione equitativa del danno, ai sensi dell’art. 1226 c.c., perché è impossibile formulare una prognosi sull’esito di una procedura comparativa mai svolta e quindi fornire una precisa prova sull’ammontare del danno.
Per misurare in modo equitativo questo “controvalore” economico si deve fare ricorso alla tecnica probabilistica. E’ cioè necessario che, per raggiungere la soglia dell’”ingiustizia”, la chance perduta sia “seria”. A tal fine va verificato che:
1. la perdita della possibilità di risultato utile sia effettivamente imputabile alla condotta illegittima della PA;
2. al fine di non riconoscere valore giuridico a ‘chance’ del tutto accidentali, che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate.
Nel caso di specie, tenuto conto della limitata durata della proroga e presumendo che l’impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori (o avrebbe potuto riutilizzare, usando l’ordinaria diligenza dovuta al fine di non concorrere all’aggravamento del danno), il danno è stato quantificato da Consiglio di Stato in via equitativa in € 60.000,00, ossia in misura non superiore al 10% circa dell’utile astrattamente ritraibile dall’affidamento in parola.